mar, 16 luglio 2024

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Notizie
Spiritual News
Il grano saraceno, noto anche come "fagopiro", sta vivendo una rinascita in tutta Europa, in particolare nei paesi dell'Est. Questo "pseudo-cereale" senza glutine, ricco di proteine e antiossidanti, sta guadagnando popolarità non solo tra chi segue diete senza glutine, ma anche tra chi cerca alternative nutrizionali più sostenibili. In Polonia e Ucraina, tradizionali produttori di grano saraceno, si sta assistendo a un boom di coltivazioni biologiche. Ristoranti gourmet in città come Berlino e Parigi stanno riscoprendo questo ingrediente versatile, incorporandolo in piatti innovativi che vanno oltre la tradizionale polenta. Nutrizionisti lodano il grano saraceno per il suo basso indice glicemico e il suo contenuto di rutina, un flavonoide benefico per la circolazione sanguigna. La versatilità del grano saraceno si estende anche al settore dei prodotti da forno, con panetterie artigianali che sperimentano pani e dolci a base di farina di grano saraceno. Inoltre, la bevanda di grano saraceno sta emergendo come una nuova alternativa vegetale al latte, apprezzata per il suo sapore unico e le sue proprietà nutrizionali. Questa rinascita sta anche stimolando la ricerca agronomica, con scienziati che studiano varietà di grano saraceno più resistenti e produttive, adatte alle diverse condizioni climatiche europee.
Libri, CD, DVD
Rudolf Steiner
Testo originale tedesco: Der Gedanke im Menschen und im Weltall (Archiati Verlag e K., Bad Liebenzell) Quattro conferenze tenute a Berlino dal 20 al 23 gennaio 1914 - Anche in O.O. 151 Traduzione di Giusi Graziuso e Pietro Archiati [...] Le presenti conferenze vertono sulla ricerca della verità. Sempre più esseri umani, oggi, si considerano sostenitori illuminati della tolleranza e giudicano intolleranti coloro che affermano l'esistenza di una verità oggettiva, valida e definitiva per tutti. Però vi sono anche coloro i quali osservano rigidamente i dogmi della tradizione, o che sulla base di poche scarse astrazioni ritengono di aver trovato la verità definitiva. Queste conferenze spiegano che è possibile evitare da un lato il rigido dogmatismo, dall'altro il misero relativismo. Esse descrivono lo sviluppo interiore attraverso cui l'uomo supera entrambi gli estremi, intuendone la loro povertà spirituale: la povertà del dogmatico è il difetto dell'unilateralità, che consiste nel vedere solamente alcuni elementi della realtà, generalizzandoli. La povertà ancora più misera del relativista è quella di ritenere assolutamente vero un solo dogma, è cioè che niente è vero in assoluto. E come si trova quella ricchezza che fa superare ogni povertà? La vita si arricchisce se l’uomo, nell'anelare alla totalità, diventa un instancabile ricercatore della verità. A ciò è sufficiente, in fondo, la convinzione che ciascuna singola cosa o fenomeno – per non parlare della totalità del mondo – sia inesauribile e che, se osservata dai fronti più diversi, sia sperimentabile nei modi più svariati. [...] Pietro Archiati (dalla prefazione) 1ª conferenza L'uomo senza pensieri - Berlino, 20 gennaio 1914 2ª conferenza Dodici percezioni del mondo a pari diritto - Berlino, 21 gennaio 1914 3ª conferenza Sette disposizioni dell'anima - Berlino, 22 gennaio 1914 4ª conferenza Ogni uomo è un pensiero dell'universo - Berlino, 23 gennaio 1914
Pubblicazioni e Saggi
Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana
La felicità di esistere è connaturata nell’esistenza. Se la vita non fosse espressione della gioia mai sarebbe potuta sorgere dalla materia inerte. E’ evidente quindi che questo stato primario sia sempre presente nella nostra coscienza. Ed infatti l’uomo, malgrado si sia lasciato andare all’illusione dell’accumulo e del possesso, dell’ “avere”, come diceva Fromm, non può cancellare in sé l’anelito che lo riporta sempre verso l’ “essere”. Secondo il filone neo-naturalista, dell’ecologia profonda e del bioregionalismo, questo anelito si manifesta in quei modi che richiamano alla “semplicità di vita”: il ritorno alla terra, la decrescita felice, la riscoperta della bellezza della natura, etc. Il ragionamento speculativo, nel corso dei secoli ha fatto sì che l’uomo si allontanasse da se stesso e dall’ambiente in cui vive, rinunciando alla spontaneità ed alla fantasia, per cercare modi ragionati tesi all’ottenimento di beni materiali. In conseguenza di ciò, per tacitare la coscienza ovvero la memoria del suo vero io, si è inventato forme costruite di condivisione e compartecipazione. Una di queste forme -sicuramente deleteria per la sua artificiosità – è l’etica. L’etica infatti appartiene al ragionamento e quindi al cervello logico mentre la felicità è connaturata nell’inconscio, quindi fa parte del cervello analogico. L’Uomo, come tutti gli altri animali è felice di vivere per sua propria natura.. Vediamo cosa dicono i recenti studi scientifici basati su tecnologie, dette ‘Brain imaging’, che permettono di vedere quali parti del cervello si mettono in funzione maggiormente durante certi pensieri, parole e azioni. Da queste ‘mappe del cervello’ risulta che il pensiero razionale e il linguaggio attivano nella maggior parte dei casi l’emisfero sinistro, che e’ simile a un computer, in quanto accumula i dati delle esperienze in memoria e li ripete su richiesta. La parte destra del cervello e’ attivata dalla musica, dal linguaggio non-verbale, che è fatto di intonazioni della voce, sguardi, gesti, mimica facciale, ecc. e dalla creatività, che è la combinazione originale di elementi presenti in natura… Purtroppo nella società moderna, soprattutto in seguito al predominio della scienza razionalista (ed ella cultura maschilista) ha preso il sopravvento la parte giudicativa della mente, da qui il grande passo avanti delle religioni monoteiste, della arroganza dell’uso nei confronti delle altre creature e della natura. In tal senso è illuminate la lettura de “Il Limite dell’Utile” di Bataille. Ma ad una prima analisi superficiale appare strano che anche il così detto “animalismo” e “veganesimo” facciano parte di un ragionamento. A dire il vero, malgrado si pongono in opposizione (apparente) con la sopraffazione maschilista e patriarcale, in realtà ne sono un contraltare paritario. Da una parte si opprime considerandolo un proprio diritto e dall’altra si difende in considerazione della propria “superiorità” ideologica (etica). Nel Hua Hu Ching è detto: “Agli altri esseri comuni spesso si richiede tolleranza. Per gli esseri integrali non esiste una cosa come la tolleranza, perché non esiste nessuna cosa come le altre. Essi hanno rinunciato a tutte le idee di individualità e ampliato la loro buona volontà senza pregiudizi in qualunque direzione. Non odiando, non resistendo, non contestando. Amare, odiare, avere aspettative: tutti questi sono attaccamenti. L’attaccamento impedisce la crescita del proprio vero essere. Pertanto l’essere integrale non è attaccato a nulla e può relazionarsi a tutti con una attitudine non strutturata.” Nel taoismo, che non è propriamente una religione e nemmeno una filosofia, ma una forma di naturalismo vissuto senza enfasi, si indica l’astenersi dagli eccessi, sia in positivo che in negativo, come un naturale atteggiamento di vita. Si comprende il bene ed il male ma non si predilige né l’uno né l’altro. Il bene (yang) ed il male (Yin) sono i due aspetti del manifestarsi della esistenza su questa terra. Ed è per questa ragione che i taoisti irridevano il buon Confucio che da razionalista convinto spingeva per un’etica sociale e politica, mentre essi si limitavano a permanere nella propria natura originale. Rispettando le propensioni naturali, non acquisite quindi per convenienza utilitaristica…. La felicità è la nostra vera natura, affermava Osho, e la ricerca della felicità è un modo per oscurarla e nasconderla. Infatti in un antico proverbio popolare è detto “Il meglio è nemico del bene”…, poiché perseguendo l’ipotetico meglio non si vive il bene che è a portata di mano. Prova ne sia anche a livello legislativo la continua immissione di leggi nella società che non fanno altro che rendere la giustizia sempre più cavillosa ed impraticabile. Forse andrebbe recuperato il fantastico ed il poetico anche nella nostra vita sociale e produttiva. Quella poeticità, che nel mondo antico caratterizza la forma dell’interrogarsi dell’uomo sul reale e sul senso delle proprie esperienze, è spia significativa di una ORIGINARIA CONCORDIA tra una spontanea accettazione dell’altro (non semplicemente etica) e la felicità innata che con la razionalità finisce con l’essere dimenticata. Occorre superare il distacco che ha portato quasi a naturalizzare il conflitto tra poesia e retorica, e ciò senza voler efficientemente promuovere ed affermare e ri-pensare la verità della gioia in quanto risultato di una concezione “etica”. “L’uomo che non voglia far parte della massa non ha che da smettere di essere accomodante con se stesso; segua piuttosto la propria coscienza che gli grida: ’sii te stesso! Tu non sei certo ciò che fai, pensi e desideri ora’. Ogni giovane anima sente giorno e notte questo appello e ne trema; infatti presagisce, rivolgendo il pensiero alla sua reale liberazione, la misura di felicità destinata dall’eternità; felicità che non riuscirà mai a raggiungere se incatenata dalle opinioni e dalla paura. E quanto assurda e desolata può divenire l’esistenza senza questa liberazione! Nella natura non c’è creatura più vuota e ripugnante dell’uomo che è sfuggito al suo genio e ora volge di soppiatto lo sguardo a destra e a sinistra, indietro e ovunque. Un tale uomo alla fine non lo si può neppure attaccare: è solo esteriorità senza nucleo, un marcio costume, pitturato e rigonfio, un fantasma agghindato che non può ispirare paura e tanto meno compassione.” (Friedrich Nietzsche) Paolo D’Arpini – Rete Bioregionale Italiana

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Il mio nome completo in sanscrito è Swami Bodhi Vipal che significa “Momento di consapevolezza”. Mi è stato donato da OSHO, Maestro di…
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"Mangiare a colori"

Spiritual News
Una nuova corrente culinaria sta prendendo piede nei Paesi Bassi, fondendo l'esperienza gastronomica con i principi della cromoterapia. Questa innovativa tendenza, denominata "Cromoterapia culinaria", sta trasformando il panorama ristorativo di Amsterdam e oltre. I pionieri di questo movimento sono chef visionari che stanno ridefinendo il concetto di menu. Invece di concentrarsi esclusivamente sui sapori, questi artisti culinari orchestrano le loro creazioni basandosi su palette cromatiche specifiche, convinti del potere dei colori nel influenzare positivamente lo stato d'animo e la salute dei commensali. Immaginate di sedervi a un tavolo per un pranzo "rivitalizzante". Davanti a voi si materializza un tripudio di tonalità calde: un cremoso vellutato di zucca, seguito da un vibrante risotto al pomodoro e peperoni, coronato da un sorbetto ai frutti rossi. Questa sinfonia di rossi e arancioni non è casuale, ma studiata per infondere energia e vitalità. L'esperienza non si limita al piatto. I ristoranti all'avanguardia stanno investendo in sistemi di illuminazione sofisticati, capaci di adattarsi al menu, creando un'atmosfera immersiva che amplifica l'effetto cromoterapico. Mentre c'è chi guarda con scetticismo a questa pratica, etichettandola come l'ennesimo capriccio culinario, i suoi sostenitori sono convinti dei benefici. Affermano che la cromoterapia culinaria non solo eleva l'esperienza gastronomica a nuove vette sensoriali, ma può avere un impatto positivo sul benessere generale, influenzando l'umore e persino la digestione. Che sia una rivoluzione duratura o una moda passeggera, la cromoterapia culinaria sta certamente aggiungendo un nuovo, vibrante capitolo alla storia della gastronomia olandese.
Pubblicazioni e Saggi

Autoanalisi - Pre-conoscenza o pre-giudizio?

Paolo D'Arpini
Vorrei mettere in chiaro alcuni concetti base della ricerca di "sé" (in chiave di spiritualità laica) attraverso l'autoanalisi. Trattasi di una semplice ri-scoperta di qualcosa che c'era già, ma che aveva bisogno di essere "espressa", nella via personalizzata del ritorno a casa. Per una sorta di simpatia che percepisco verso tutte le persone con le quali riesco a condividere emozioni e sentimenti ho pensato che potesse essere utile (per me e per loro) chiarire quegli aspetti dell'auto conoscenza che ancora si rivolgono alla persona. Poiché (comunque) dalla persona dobbiamo partire in quanto depositaria della prima scintilla di Coscienza dalla quale tutto deriva. Non voglio perciò sminuire il valore di questa persona, e come "questa" anche tutte le altre che pazientemente seguono e precedono. ....dove le civiltà dei vivi e dei morti si incontrano! Il nostro osservare il mondo, sia interiore (delle emozioni) che esteriore (degli oggetti), non è quasi mai “pulito”, privo cioè di interpretazione e concettualizzazione. Siamo avvezzi a giudicare quel che osserviamo attraverso il filtro della memoria e delle sensazioni collegate alle trascorse esperienze. Anche nel caso di eventi “nuovi” o di idee precedentemente non considerate non facciamo a meno di cercare di “comprendere” e misurare sulla base del nostro conosciuto. Ecco questa “preconoscenza” è la nostra “schiavitù” ma se potessimo lasciarci andare sino al punto di poterci osservare mentre si innesca il meccanismo del “pre-giudizio” e capire il suo funzionamento... potremmo già considerare questa “attenzione” come una prima forma di meditazione e distacco dal processo appropriativo in corso. Facciamo un'analogia pratica, per esemplificare questo tentativo di spostare l'attenzione dall'io giudicante alla capacità testimoniale della pura coscienza, analizzando il funzionamento del sogno. Quando sogniamo tutto avviene in modo apparentemente costruito e definito mentre allo stesso tempo gli avvenimenti del sogno mantengono il senso dell'imponderabilità. Il personaggio specifico del nostro sogno, nel quale noi ci identifichiamo, è esso stesso una semplice componente inscindibile dalla complessità del sogno, in cui i vari attori, figure, oggetti ed eventi sono un tutt'uno. La “farsa” del sogno mostra un'apparente finalità e significato agli occhi del personaggio di sogno nel quale ci identifichiamo. Vediamo che egli infatti compie gesti deliberati e verosimili sforzi di volontà per raggiungere i suoi fini di sogno, rapportandosi inoltre con gli altri personaggi del sogno come “diversi” da sé. Può ciò corrispondere a verità? Tutti gli aspetti del sogno sono prodotti dalla stessa mente e non sono in alcun modo controllabili e gestibili da alcun personaggio o situazione del sogno. Essendo ognuno di questi elementi semplici componenti “passive” immaginate nella mente del sognatore. Dal punto di vista dell'esperienza “empirica” nello stato di veglia si può dire che il processo di “creazione” sia praticamente il medesimo. Tutti gli oggetti ed i soggetti che reciprocamente si percepiscono (essendo ognuno contemporaneamente soggetto ed oggetto nella percezione altrui) scaturiscono dalla stessa “Mente”, o Coscienza, e si dipanano sullo schermo concettuale degli eventi spazio-temporali. In effetti, in questo funzionamento totale, non può esistere alcuna volizione o finalità personale, poiché (come nel sogno) ogni cosa si svolge indipendentemente dall'intenzione di qualsiasi dei personaggi sognati. Pur che apparentemente essi assumono su di sé il senso dell'affermazione o della negazione di una loro “volontà”, ma questo avviene solo conseguentemente alla considerazione effettiva degli eventi già vissuti. Ovvero dopo aver “giudicato” i fatti accaduti ed averli assunti come propri (attraverso il senso di identificazione) e quindi definiti come positivi o negativi (ai fini del personaggio). Da ciò, per estensione, arriviamo all'identità dello stato di veglia e scopriamo che -come nel sogno- a manifestare la vita e le sue componenti non sono i singoli esseri bensì la Coscienza stessa, impegnata com'è nell'opera di vivificazione delle sue emanazioni e manifestazioni, che sono possibili solo per suo tramite. Per questa ragione è detto che “quando il me scompare l'Io si manifesta” (Ramakrishna Paramahansa), ovvero quando l'identificazione individuale cessa automaticamente la Coscienza impersonale emerge. Si dice che “emerge” in quanto tale pura Coscienza è già insita nell'individuo stesso (come la mente è presente nel personaggio sognato) che la “sostanza” non appartiene alla sembianza mutevole ma è l'essenza che la anima. Ovviamente in caso di “risveglio” al puro Io il senso di identità individuale “muore” ma questo non implica l'automatica scomparsa della sua “sembianza” apparente, che continuerà a restare nella percezione degli “altri” osservatori, ma svuotata al suo interno di ogni identificazione oggettiva, essendo il risvegliato pura e semplice “soggettività” (Consapevolezza priva di attributi). La spontaneità è la caratteristica “comportamentale” del risvegliato, quando spontaneità significa semplice capacità di risposta, adeguata e consona, alle situazioni in cui egli si imbatte. In un tale essere non permane alcuna ombra di intenzionalità o di giudizio, di desiderio o repulsione, la sua “volontà” corrisponde esattamente agli eventi vissuti senza che lui lo ricerchi. Possiamo definire questo stato: Libertà. Per significare la vera natura dell'essere ed il “ritorno” all'intrinseca consapevolezza che gli è propria, ammettendo che tale natura è la stessa per ognuno di noi, mi piace riportare una frase di Nisargadatta Maharaj, che disse: “Non importa ciò che fai o ciò che non fai se hai realmente percepito quello di cui sto parlando. Diversamente, non importa nemmeno se tu non hai capito quel di cui sto parlando..” Il che significa che in entrambi i casi la realtà intrinseca non cambia... e quel che è destinato ad avvenire avviene per conto suo.... Succede però che questo discorso, pur essendo a volte intellettualmente accettato, necessiti spesso una digestione ed assimilazione, deve insomma essere fatto “nostro”. Ciò può avvenire attraverso la riflessione, la rielaborazione e il riconoscimento al nostro interno di tale verità. Ora in qualche modo ci sembra di aver compreso ma dobbiamo disintossicarci dalla tendenza speculativa e dall'identificazione con il personaggio incarnato. A tal fine, non per ottenere la condizione che è già nella nostra natura ma allo scopo di scongiurare l'imbroglio della mente, consiglio la lettura ripetuta e la ponderazione sulle immagini contenute nel Libro dei Mutamenti (I Ching), un compendio di esempi archetipali psicosomatici, descrivente cioè i diversi modelli comportamentali, basati sulle variegate capacità espressive della mente nello svolgimento degli eventi spazio-temporali. Per mezzo dell'analisi sarà possibile riconoscere le multicolori forme che la mente può assumere in questo mondo di apparenze, essendo le sue trasformazioni semplici risultanze, risonanze e adattamenti alle condizioni che si trova ad affrontare. Questa è una risposta automatica allo svolgimento delle continue mutazioni e mescolamenti degli elementi basilari della vita. Ovvio che tali mutazioni sono praticamente infinite ma nel Libro dei Mutamenti si esaminano 64 aspetti/madre, in forma di esagrammi in cui ogni linea è una componente costitutiva con propri significati. Essendo questo testo il risultato di un antichissimo e costante studio ed osservazione di fenomeni naturali e sociali, interpretati e visti sia con la ragione che con l'intuizione, esso si presenta come un complesso integrato dei diversi modi espressivi analitici ed analogici della mente. “Conoscere la mente per non farsi imbrogliare dalla mente..” Affermava Ramana Maharshi. E nel Libro dei Mutamenti si può dire che vengono fusi sia gli aspetti filosofici speculativi e metafisici che quelli analitici ed empirici (Taoismo e Confucianesimo), perciò la prassi è quella di osservarne le immagini senza volerne assumere i concetti, un buon metodo per avvicinarsi alla corrispondente spontaneità comportamentale del saggio, basata sulla capacità di immediata risposta comportamentale nelle varie situazioni incontrate nella vita, anche in considerazione delle peculiari caratteristiche da ognuno incarnate e nella posizione e condizione in cui siamo. Insomma, conoscere il mezzo per affrontare adeguatamente il percorso. Siccome la lettura del testo non è immediatamente chiara e assimilabile è consigliabile una ripetizione continuata, ma senza sforzi interpretativi, in modo da sospingere pian piano la nostra mente verso quel necessario “distacco” da finalità precostituite, tralasciando quindi il tentativo di comprensione dei significati razionali e lasciando che le immagini evocate trovino corrispondenza nel nostro inconscio. Paolo D'Arpini


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